venerdì 31 ottobre 2014

CASA & LAVORO

Trasloco finito. Siamo tornati a vivere a Roma. In un appartamento!! Ho così tante cose da scrivere.….

Vorrei iniziare con la giornata di oggi: dimostrazione che casa & lavoro possono finalmente conciliare a pennello.

A 5 minuti da casa nostra c’è un grande piazzale, dalle molteplici funzioni. Viene usato come parcheggio gratuito da tutti i pendolari che prendono i mezzi per andare a lavoro. Nel week end viene usata dai diciasettenni che inaugurano la patente rosa, sperimentando le prime guide sorvegliati da mamma, o sarebbe meglio, dal fratello/sorella maggiore… E infine questa grande piazza ospita ben due mercati. Uno il mercoledi e uno il venerdi…!

A casa vecchia sono andata solo una volta al mercato, ma i banchi erano talmente disordinati che non mi sono trovata molto bene… Mi è sempre mancato andare al mercato.


Oggi alle ore 8.00 scendo sotto casa con il mio nuovo carrello Gimmy, mi avventuro per fare la spesa, e trovo tutto a 0.99! Non mi sembra vero...Mi metto anche io a sgomitare al bancone urlando "Scusi mi da un sacchetto?'" Nel frattempo mi ritrovo la mia Prof. dell’università di VIROLOGIA che cerca un po’ di frutta come me!! Incredibile..!

Ah poi...come dimenticare i tre indiani che regnano sovrani nel piazzale e continuano a pedinarmi per vendere un pò d'Aglio!

Pedinamenti a parte….riesco a trovare tutto, perfino i dischetti di acciaio bucherellati che si mettono nei lavandini! Le tende non le ho trovate… Riproverò domenica da IKEA!

Ore 8.40 risalgo a casa, metto in ordine e sono pronta per andare a lavoro: STUPENDO!!!!!!!

mercoledì 27 agosto 2014

Coppia sul tetto che scotta!

Mentre su Facebook regnano le foto di gente al mare, foto di autoscatti di piedi e piedoni, gente in costume dal fisico invidiabile, io e mio marito abbiamo avuto la bella e necessaria idea di approfittare delle ferie per fare manutenzione domestica!! Evvai..!!!

Ho una lista di cinque lavoretti da fare:
1.Rifare una copertura isolante al tetto
2.Mettere il tubo della cappa in cucina
3.Scegliere e incollare maioliche nel lavandino esterno
4.Coprire i fili elettrici dello sportelletto vicino al cancello
5.Sostituire lampadine fulminate nei faretti esterni

Prima cosa...La più urgente. Dobbiamo rifare il tetto, dato che abbiamo tre perdite dal soffitto e sta per cominciare la pericolosa stagione delle piogge… La nostra villetta ha appena quattro anni, ma ahimè non esistono più i costruttori di una volta..!


Rimbocchiamoci le maniche. Indosso alcuni vestiti dell’ONYX, stile anni ’90, scarponi Decathlon che non sono antinfortunistici ma almeno danno la vaga idea di essere antiscivolo…
Primo problema, superare la paura delle VERTIGINI. Non ho mai lasciato la mano di Giuseppe. Il terrore mi paralizzava mentre sentivo il traballare delle tegole sotto la suola delle scarpe…Alla fine sono riuscita a salire. E una volta raggiunta la cima non avevo più paura.

Pieni di entusiamo eravamo convinti di cavarcela in un solo pomeriggio…per poi andare al mare!
Invece…..situazione fantozziana…TRE GIORNI di lavoro!!

E’ stata una bella sudata. Illusa dal pensiero “Dai magari sul tetto si prende il sole” Invece no, ero bardata così tanto che non avevo neanche una fessura che consentiva l’entrata di un raggio di luce. Il materiale da spalmare è un misto tra colla e cemento. Quindi mi sono messa maglietta a maniche lunghe e pantaloni lunghi infilati dentro i calzettoni da calcio, per evitare contatto della pelle con questo materiale iper appiccicoso … Così bardata ho sofferto UN CALDO ALLUCINANTE!
Il marito invece indossa Jeans e una T-shirt… Lo so io la sera sotto la doccia che ci è voluto per levare gli schizzi di colla in tutte le braccia!!!!!!! Gli ho fatto usare la spugnetta da cucina, quella classica gialla e verde. E il tutto si è levato solo usando la PARTE VERDE!!!!!!!

Adesso alla fine dei lavori ci ritroviamo con un fortissimo mal di schiena. Mi chiedo come fanno a campare gli operai che fanno questo lavoro tutti i giorni??????


Però siamo soddisfatti perché abbiamo passato del tempo INSIEME e la mia felicità più grande è stato scoprire che da una posizione così in alto si ha una panoramica eccellente per poter dare una sbirciatina a tutti i giardini dei vicini!!! Curiosità è donna!!! Ahahahahahahahahahah!!

Nella mia lista posso spuntare solo la prima riga…
1.Rifare una copertura isolante al tetto
2.Mettere il tubo della cappa in cucina
3.Scegliere e incollare maioliche nel lavandino esterno
4.Coprire i fili elettrici dello sportelletto vicino al cancello
5.Sostituire lampadine fulminate nei faretti esterni

Per il resto di lavoretti che ci sono rimasti da fare, ci penseremo i prossimi mesi…O la prossima estate!
Ora gli amici capiranno perché alcuni week end non possiamo uscire?! Le cose da fare per casa non finiscono MAI, MAI, MAI!

Il mio pensiero torna spesso a questa primavera. Siamo stati a casa in Olanda per il ponte del 1 maggio. Abbiamo comprato due amache stupende trovate in offerta clamorosa da BLOKKER (famosa catena olandese di negozi casalinghi) un’occasione: 9.99 euro l’una! Mentre stavamo in aereo durante il viaggio di ritorno, Giuseppe giustamente mi fa notare che non abbiamo alberi in giardino, a parte tre limoni alti 1 metro e 20 cm!!!! Ma ci convinciamo di poter appendere le nuove amache alle colonne d’ ingresso del patio. Invece no, troppo rischioso… Quindi inizia la ricerca di 4 pali da giardino… E alla fine non abbiamo trovato il tempo di montarle… Le amache stanno ancora dentro la busta.

Ecco, anche loro aspetteranno la prossima estate!
1.Rifare una copertura isolante al tetto
2.Mettere il tubo della cappa in cucina
3.Scegliere e incollare maioliche nel lavandino esterno
4.Coprire i fili elettrici dello sportelletto vicino al cancello
5.Sostituire lampadine fulminate nei faretti esterni
6.MONTARE LE AMACHE IN GIARDINO!!!!!!

giovedì 21 agosto 2014

Da invitati ad assassini il passo è breve (tratto da "L'amore mi farà bella" del blog UNA DONNA DEL VANGELO di Don Mauro Leonardi)

Siamo tutti onorati e felici di avere oggi con noi una nuova GUEST STAR!!! Una collega di lavoro che è diventata un'importante alleata quotidiana. Il suo nome è Letizia e comunica veramente un tripudio di gioia e risate tra le amiche. I suoi occhi splendenti portano allegria nella stanza. Ottima imitatrice e paziente consigliera di tutti i trucchi per una sana e corretta alimentazione. Novella sposina, testimonia le sue prime avventure della vita matrimoniale.

Tra ieri e oggi ho capito perché il Matrimonio ti può portare in Cielo.
Tutto sta in un frigo vuoto, appena pulito, mezza melanzana avanzata da ieri, pomodori dell’orto, un pezzettino di parmigiano che fedelmente ha attraversato l’Italia durante il ritorno dalle alte montagne, pan grattato confezionato (riverbero dello slancio culinario pre-ferie), “il dolce segreto” femminile (come lo chiamava Anna Frank), con il suo potenziale emotivo catastrofico, un marito ben cotto con Sindrome da Rientro e … un pela patate.
Erano tre giorni che i cassetti del frigo, in attesa di essere mondati e profumati, troneggiavano in cucina fomentando un profondo senso di irritazione, sia in mio marito sia in me: chi sul divano, chi sulle sedie, chi sul tavolo, chi sui fornelli, ogni cassetto aspettava il proprio turno, seduto e composto, impassibile e ancora maleodoranti dal pesce scongelato e ricongelato causa salto di corrente elettrica. Animata dal più profondo amore e forte di un morbido rientro a lavoro, di buona lena iniziai a pulire il frigorifero, sperando di arrivare in fretta ai cassetti per far trovare tutto lindo e pinto a mio marito, che pochi giorni prima aveva preparato, con la stessa dedizione, una sorpresa simile per me.
Mentre il pavimento finiva di asciugarsi dalle secchiate d’acqua versate per sciacquare il frigorifero, l’inconfondibile suono della macchina di mio marito cresceva nitido e carico di note amorevoli per le mie orecchie. I pochi secondi di sempre in cui si fa più ripida la crescente attesa di un bacio, poi il bacio e, subito dopo, il richiamo interiore all’operosità per passare alla preparazione della cena.
E i cassetti?! GASP, sono ancora lì! Non fa niente, avrà fame, cucino.
La scena cambia: qualche posata da lavare, la cena da preparare con il frigo vuoto, la Sindrome da Rientro nella sua fase acuta come se fosse vento prima del temporale (gli americani la chiamano “post vacation blues”), un orto.
Tutto procede con la giusta armonia: il cuore del marito piano piano si cheta nel dialogare intenso con la moglie, la cucina riprende forma, l’acqua bolle, i pomodori sono nell’orto, la melanzana cuoce insieme al pan grattato e si scoprono gli occhi dei bambini dopo il lavoro: un antidoto per tutti i mali.
Qualche minuto ed è pronto. Unisco la pasta alla verdura e aggiungo qualche scaglia di parmigiano; deve essere buonissima, chissà come mi è venuta in mente una ricetta così. Il formaggio avrà giusto il tempo di iniziare a sciogliersi sulla pasta per finire di farlo in bocca e regalare così un nuovo slancio alla vita!
Vengo interrogata, in maniera del tutto inopportuna ,su dove sia finita la chiave della portafinestra della cucina che, incomprensibilmente richiede un’immediata ricerca e mio marito si allontana.
ZAC, il pela patate smette di scivolare sul parmigiano e pela il mio dito!
Amore! Amoreeee! Vieni, subito!
Solertemente vengo soccorsa e subito si ipotizza di andare al pronto soccorso e passare la notte in apprensione perché non caschi il dito … Fa male! Esce sangue!
Un po’ rido e un po’ penso con afflizione alla pasta e al parmigiano che avrà tutto il tempo di finire di sciogliersi sulla pasta, indurirsi e raffreddarsi insieme al resto. Come mosca cieca giro per la casa cercando di fermare il sangue e riordinare i sensi scossi tutto ad un tratto da un imprevisto del mestiere. Situazione ottimale per “il dolce segreto” femminile, che spietato entra a gamba tesa liberando la sua potenza, fulmineo come un lampo che non si fa in tempo a vedere, mi sbatte seduta sul divano con un cerotto stretto intorno ad un dito pulsante e vedo mio marito che si avvicina ai fornelli per scaldare la pasta ormai tiepida, dopo dieci inesorabili minuti che, indifferenti, come al solito, non mi hanno dato il modo di riprendere tutto dove l’avevo lasciato, con calma.
Ed è qui che stamattina, dopo qualche ora, ho fatto la grande scoperta. Questo è il punto di flesso in cui da invitati si diventa assassini: dal momento del mio rientro a casa, verso le sei del pomeriggio, fino a quel momento, tutto avevo fatto per accogliere mio marito; poi, quando ad un passo dalla condivisione viene soffiato il festeggiamento, tutto diventa nemico, tutto è contro, anche me, anche la festa.
Il povero giovane marito, non ha potuto che provare a capire e a domandare. Perché sei arrabbiata?
Non lo sapevo (o meglio, in parte lo sapevo: “il dolce segreto” femminile non lascia scampo). Era assurdo, un pezzettino di dito aveva stravolto tutta l’opera d’arte che stavo tessendo e da finissimo arazzo stavo ormai punendo ingiustamente quel giovane sposo, amore della mia vita.
Se il mio desiderio fosse stato veramente quello di farlo star bene, amarlo, volere la sua felicità, come poteva essere possibile che mi ritrovassi ad essere d’un tratto scontrosa e muta? Sognavo piuttosto la lode come migliore donna del mondo?
“Il contrario dell’amore è l’egoismo, anzi il potere. E una delle forme in cui si manifesta il potere è l’egoismo”, avevo sentito questo la mattina in macchina. In quel momento non so se potevo evitare di tenere il broncio e tenere sotto scacco quell' uomo meraviglioso, forse si, ma chi conosce “il dolce segreto” sa che siamo vittime e non carnefici.
Ad ogni modo oggi ho messo insieme i pezzi e come al solito mi sono riposata nel leggere che “Non devo essere già bella e buona. E’ una festa di amore. L’amore mi farà bella. Il desiderio è il mio vestito.”
Con lo stesso Amore che ricevo amerò mio marito e con il mio desiderio di amore mi presento per essere amata perché non si può amare senza desiderio.
Oggi pulisco i cassetti.

Letizia

VIVER SANI E BELLI - Chiacchiere&Consigli di Monica Sori

Ringrazio con affetto la piacevole attenzione rivolta al blog da parte della rivista "VIVER SANI E BELLI". E' stata una sorpresa molto gradita!!!


mercoledì 20 agosto 2014

Stendi i panni dopo cena!

Esco fuori, chiavi alla porta e sono pronta per stendere il bucato dopo cena…Vivo in una villetta a schiera vicino al mare. Oggi la brezza marina mi suggerisce di indossare un golfino prima di uscire… Vedo un’ombra verso l’alto. Mi spavento…invece no, è la bandiera dell’Italia che ancora sventola (mio marito si è dimenticato di levarla dal tetto, dai mondiali dello scorso giugno. No comment!!) …Improvvisamente rimango stupita dal cielo sopra di me. Il firmamento stasera sembra così vicino, sembra che posso quasi toccare le stelle… Ed eccola: una stella cadente. Una lunga scia che concede molto tempo al mio occhio per farsi ammirare di più. Così nitida e luminosissima! “Giuseppe, corri vieni qui” lui poggia l’annaffiatoio e mi raggiunge nel patio “Si l’ho vista anche io”.


Che cielo…una vera poesia…questo momento mi fa pensare che forse vale la pena farsi tre ore di macchina al giorno per andare a lavoro. Essere così vicini alla natura mi riempie i polmoni di spensieratezza e serenità. Continuo a fissare il cielo mentre stendo i panni, gusto gli odori del mio giardino e rimango con il collo diretto verso l’alto. Ne voglio vedere un’altra, dai stella cadente, un’altra ancora! Nel frattempo la mia mano si tuffa meccanicamente nel cestino e rientro nella realtà: Mi sono finite le mollette! Doh…!

martedì 6 maggio 2014

I say a little prayer for you

Canzone d’amore intramontabile… Aretha Franklin (1968)

“Quando mi sveglio
prima di truccarmi
dico una piccola preghiera per te
mentre mi pettino i capelli, ora
e penso a cosa indossare, ora
dico una piccola preghiera per te

Per sempre, resterai nel mio cuore
e ti amerò per sempre
non ci lasceremo mai
oh, quanto ti amerò
insieme, ecco come deve essere
perché vivere senza di te
sarebbe solo uno strazio per il mio cuore

Corro per prendere l’autobus, mio caro
e mentre corro penso a noi, caro
dico una piccola preghiera per te
al lavoro tengo conto del tempo
e in tutte le pause caffè
dico una piccola preghiera per te

Per sempre, resterai nel mio cuore
e ti amerò per sempre
non ci lasceremo mai
oh, quanto ti amerò
insieme, ecco come deve essere
perché vivere senza di te
sarebbe solo uno strazio per il mio cuore

Amore mio, credimi
per me non c’è nessun altro che te”.

https://www.youtube.com/watch?v=AL0AgUsnEjI

martedì 4 marzo 2014

Quest’uomo sta uscendo con una donna anche se è sposato. Sembra disgustoso, ma io sono dalla sua parte.

Jarrid Wilson è un marito, un pastore, un autore, un blogger. E ha fatto una confessione che sta facendo discutere molto. Scoprirete perché qui sotto.

Ho una confessione da fare: Mi sto incontrando con una persona anche se sono sposato.
Lei è una ragazza incredibile. E’ bella, intelligente, astuta, forte e ha un’immensa fede in Dio . Mi piace portarla fuori a cena, andare al cinema, a teatro, e dirle sempre quanto è bella. Non riesco a ricordare l'ultima volta in cui sono rimasto arrabbiato con lei per più di cinque minuti, e il suo sorriso sembra sempre illuminare la mia giornata indipendentemente dalle circostanze.
A volte mi viene a trovare a lavoro senza preavviso, mi cucina cose deliziose. Non riesco a credere quanto sono fortunato ad essere uscire con qualcuno così, anche se sono sposato. Vi incoraggio a provare e vedere come può diventare la vostra vita.


Oh! Vi ho già detto che la donna con cui sto uscendo è mia moglie? Che cosa vi aspettavate?
Solo perché siete sposati, non significa che i vostri appuntamenti debbano finire.
Ho bisogno di continuare a uscire con mia moglie anche se siamo sposati. Non dovrei smettere di corteggiarla solo perché entrambi abbiamo detto “Lo voglio”. Troppe volte vedo rapporti che smettono di crescere perché la gente smette di prendere l'iniziativa e di riempire di attenzioni il partner.
L’appuntamento è un momento in cui si conosce qualcuno in un modo speciale e unico. Perché smettere? Non si dovrebbe. Quelle farfalle nello stomaco del primo appuntamento non devono svanire solo perché gli anni sono passati. Svegliarsi ogni giorno e corteggiare il coniuge come se foste ancora ai primi appuntamenti. Se lo farete, vedrete un drastico cambiamento in meglio nel vostro rapporto .

La chiave in ogni rapporto è la comunicazione e l'azione di costante ricerca. Nessuno vuole stare con qualcuno che non tiene a queste cose con tutto il cuore .

Vi incoraggio a dare appuntamenti al vostro coniuge, impegnarvi con tutto il cuore, e capire che tutto ciò non dovrebbe finire solo perché avete detto: “Lo voglio".

Jarrid Wilson

mercoledì 29 gennaio 2014

Preziosa Poesia

La nostra nuova guest star si chiama Chiara, si è sposata giovanissima questa estate e oggi ha scritto qualcosa per noi. Lei lo definisce un "piccolo contributo", io invece lo presento come una meravigliosa poesia! Appena letta mi sono commossa tantissimo. Sono rimasta paralizzata per tre lunghissimi minuti, qui a lavoro, in mezzo a una folla di colleghi che parla ad alta voce. Le mie pupille si sono appannate, rimaste in ipnosi di fronte allo schermo del computer.. Ogni rigo è una pennellata di delicatezza, amore e paziente speranza. Questa poesia sarà preziosa per numerose coppie, è un tesoro da custodire sul comodino. Caro Andrea, sei un marito fortunatissimo con una sposa così bella al tuo fianco!

Liberi i pensieri costruiscono sfumature di colori
E dolce il desiderio di stringerti al petto
Volubile e meravigliosa impronta d’Amore.
Istintivo il piacere di immaginarti
Eguale per particolari allo splendore dell’aurora.
Devoti i miei occhi ai tuoi
Elargisci calore al mio respiro.
Liberi i pensieri costruiscono sfumature di colori…
Signore, Tu che navighi
In ogni angolo della mia testa
Gratifichi le mie giornate
Nutri il mio spirito,
Offrimi il coraggio di aspettare
Regalami la gioia di provare
E rasserena un cuore che vuole essere madre.
Signore, Tu che ascolti
Ogni preghiera e lamento
Nobiliti i miei gesti
Orni le mie fatiche di dolce bellezza,
Insegnami ad essere marito
Non lasciare mai che io lo dimentichi.
Forte per sorreggere la mia sposa
In ogni istante
Nel pieno delle sue paure
In tutti i suoi successi
Totalmente
E poi insegnami ad essere padre

…E LUI ARRIVERA’.

Chiara C.

ps: un occhio sveglio legge sia in orizzontale sia in verticale!!!!

giovedì 16 gennaio 2014

Calpurnia, la moglie di Giulio Cesare

Ho conosciuto on line una giovane blogger come me, è veneta e si chiama Galatea. Entrando nel suo diario, ho trovato l'articolo: "Grandi donne del mondo antico, Calpurnia, la moglie perfetta". Mi è piaciuto molto. Ve lo consiglio:

Diciotto anni. Tanti ne aveva Calpurnia, figlia del potentissimo Calpurnio Pisone, quando il padre si accordò per darla in moglie a Giulio Cesare. Che aveva l’età per esserle agevolmente padre, dato che aveva superato la quarantina. Politico di razza, uomo affascinante, Cesare era famoso per le sue avventure galanti e scapricciate, in gioventù sia con uomini che con donne, tanto che, inviato in Bitinia come legato, si favoleggiava avesse intessuto una torbida relazione con il re Nicomede. Tornato a Roma, prima ancora che la politica, la sua prima passione era stata il gentil sesso, tanto che poche, fra le matrone dell’Urbe, non erano passate per il suo letto, o lui per il loro.

Con le donne però, Cesare ha uno strano rapporto, non da banale libertino: se ne innamora. Oltre a portarsele a letto, se e quando suscitano in lui un interesse non soltanto sessuale, intesse relazioni di lunga durata, che sfidano gli anni. Può tradirle con il corpo, ma raramente le tradisce con l’animo: se Cesare ama, in qualche modo è per sempre.

Lo sapeva la prima moglie Cornelia, figlia di Cornelio Cinna. Si erano sposati neanche diciottenni, quando lui aveva l’età di Calpurnia, insomma. Era stato in accordo fra le famiglie a portarli all’altare. Eppure, una volta conosciuta la moglie, Cesare si era affezionato a lei, l’aveva amata. Tanto che quando il dittatore Silla, salito al potere, gli aveva ordinato di ripudiarla in quanto figlia di un sostenitore di Caio Mario, Cesare, poco più che diciassettenne, aveva risposto un no deciso. E alla minaccia di finire sulle liste di proscrizione e rimetterci la testa non aveva indietreggiato, né si era rimangiato la parola: con la moglie si era rifugiato nei mondi di Sabina, come un fuggiasco, cambiando alloggio ogni notte, vagando di fienile in fienile con l’appoggio di compiacenti contadini, finché Silla, un po’ scocciato che un adolescente gli tenesse testa, gli aveva concesso il perdono e la possibilità di non divorziare.

Ecco, era così Giulio Cesare: leale. Perdonava i nemici, quindi non era in grado di far del male a chi lo amava.

Quello con Calpurnia non è un matrimonio d’amore, non da parte di Giulio Cesare, almeno. L’appoggio del nuovo suocero, Pisone, uno dei sentaori più potenti dell’Urbe, gli è necessario, in questo momento di svolta in cui le frizioni con l’ex sodale Pompeo Magno si fanno via via più aspre, ed è chiaro che prima o poi si arriverà alla rottura. Anche Calpurnia da quelle nozze si aspetta assai poco. A chiarirle quando può essere preso di lei il nuovo marito, è un pettegolezzo succoso sparsosi per Roma proprio nei giorni dello sposalizio: Cesare, il suo Cesare, ha inviato in dono alla sua ex amante Servilia un gioiello di incredibile valore. Perché non se l’è sposata, visto che è tanto legato a lei, e lei è libera? Perché Servilia è sua amante da anni, ma non ha più l’età per donargli un figlio maschio, un erede. E Cesare un erede lo vuole, perché è l’unica cosa che gli manca. Ha avuto una figlia, Giulia, amatissima, sposa di Pompeo e destinata per altro ad una morte precoce. Servilia, quarantenne, non può certo garantirgli una prole. Calpurnia, giovane e bella, sì.

Va dunque sposa a Cesare, Calpurnia, consapevole che il suo ruolo è quello: diventare la madre dei figli del marito. Da brava fanciulla romana, per questo è stata allevata, e conosce il suo dovere. Ha un carattere dolce, remissivo, adattissimo ad essere la moglie e la madre perfetta. La moglie perfetta lo sarà, ma madre no, mai. Ad onta della giovane età e dell’impegno che certo profuse, non restò mai incinta.

Non sappiamo quante lacrime pianse, per quello che dovette sentire come un fallimento personale. Cesare che diventava via via più potente, e quindi sempre più bisognoso di quel maschio figlio legittimo cui lasciare un domani il potere: e lei niente, sterile. La immaginiamo vagare nei templi, pregare ogni dea, affidarsi ad indovine e mammane per piegare il destino, alzarsi ogni giorno chiedendosi se sarebbe stato quello in cui sarebbe stata ufficialmente ripudiata da un marito ormai stanco.

E invece no. Per quanto il bisogno non tanto di un figlio ma di un erede diventasse ormai quasi una priorità, Giulio Cesare non divorziò mai da Calpurnia. La tradì in continuazione, con aristocratiche, schiave, regine. Ma di abbandonarla non se la sentì. Forse gli piaceva quel suo modo quieto di essere moglie, quel suo rimanere nell’ombra, non dare scandalo, non fare mai una scenata. Di lei in effetti non sappiamo niente, non c’è un pettegolezzo che la riguardi, un fiato. In una Roma in cui le matrone collezionavano amanti non appena i mariti partivano per qualche missione (e Cesare lo sapeva bene, perché aveva spesso e volentieri approfittato di quelle assenze) lei niente, non una sbavatura, un sospetto, un cedimento. La deridevano forse come noiosa, ma Cesare, gran conoscitore dell’animo umano, aveva ben compreso che invece era un’altra cosa: fedele. Una dote rara, e forse per questo scelse di tenersela ben accanto.

Soffrì, Calpurnia, parecchio. Non solo per Servilia, ma soprattuto per Cleopatra. Se per le altre amanti di Cesare fu solo la rabbia di moglie tradita, quello per la regina d’Egitto fu odio vero, per quanto silenzioso. Aveva tutto, quella sguardrina, per affascinare Giulio Cesare: soprattutto una mente come la sua, quella di un politico di razza. Era bella, giovane, colta, affascinante, intelligente, spregiudicata. E per di più, e questo per Calpurnia era la sofferenza maggiore, aveva dato a Cesare ciò che lei non era mai riuscita a donargli: un figlio, Cesarione.

Pianse. Dei, come pianse, quando glielo dissero. Si aspettava che, da un momento all’altro, arrivasse un messo con la lettera di ripudio, in favore della puttana egiziana. Ma la lettera non arrivò mai. Arrivò invece Giulio Cesare, il marito, a Roma, reduce vittorioso di mille battaglie e di mille avventure. Si presentò a casa come se se ne fosse uscito la sera prima.

Chiese, Calpurnia? Forse no. Sapeva tutto, ovviamente, come sapevano tutto tutti a Roma. Ma forse le bastò vederlo tornare. Non fiatò neppure quando l’anno dopo fu la regina d’Egitto a venire a Roma, prendendo una villa in affitto, e piazzandosi là, con il figlio bastardo e la sua corte sfarzosa.
La andava a trovare di nascosto, Giulio Cesare? Può essere, ma sempre in sordina, e Cleopatra ne era ben infastidita, perché non si aspettava di essere trattata con la freddezza di una amante clandestina. Ma Cesare era un Romano, e se anche ad Alessandria poteva essere stato il suo compagno, a Roma era Cesare, cioè un uomo che era quasi sul punto di farsi proclamare re. Ma forse non era solo un mero calcolo politico, quello che spingeva Cesare alla prudenza, ma una delicatezza verso di lei, Calpurnia, che forse non gli aveva dato figli, ma lo amava e lo sapeva aspettare, ed era la sua moglie romana, non una regina delle sabbie.

Fatto sta che Cesare non riconobbe mai il suo unico figlio maschio, e mai abbandonò Calpurnia. Rimase con lei, nella loro bella casa, da cui uscì la mattina delle Idi di Marzo, per recarsi in Senato.

Fosse stato per Calpurnia, non ci avrebbe messo piede. Quella mattina, unica volta nella vita in cui lei tentò di imporsi al marito, le inventò tutte per tenerlo con sé. Aveva una brutta sensazione, poi uno dei suoi indovini – quelli che continuava a consultare nella speranza di rimanere incinta – le aveva detto che la giornata era astrologicamente infausta per Cesare.

Pianse. Strillò. Si inventò un malore. Giulio Cesare quasi rimase stupito dell’improvvisa tigna di quella donna di solito tanto remissiva, che mai chiedeva nulla per sé. Era quasi tentato di darle ascolto. Non ci fosse stato Decimo Bruto, uno dei suoi luogotenenti, che venne in casa a chiamarlo, e lo prese in giro perché il grande Cesare non poteva farsi bloccare dalle paturnie di una donnetta, le avrebbe dato tretta, e la storia di Roma forse sarebbe cambiata.

Scelse invece di seguire Decimo, pur se di malavoglia, perché lo reputava amico e commilitone fedele. Scelse male, poiché Decimo, che lui aveva innalzato ai massimi gradi dell’esercito, era invece uno dei congiurati. Lo consegnò agli altri, infatti, alle porte del Senato: così morì trafitto; Cesare, dalle coltellate di ventitrè uomini che si era tirato su come collaboratori ed amici. Se in punto di morte gli scappò solo un tu quoque fu perché era un gran signore.

Dalla sua morte in poi, di Calpurnia si perdono le tracce. Non ne sappiamo più nulla. Non ci è noto come reagì, quante lacrime pianse, se si disperò. Non sono note sue apparizioni pubbliche, uscite, dichiarazioni. Forse anche questo però la dice lunga sul suo carattere schivo. Altre vedove avrebbero tentato di approfittare del loro ruolo per ritagliarsi un qualche spazio in politica, vuoi come custodi della memoria, vuoi come nuove mogli di ambiziosi mariti pronti a cogliere l’eredità del defunto Giulio. Lei no, scompare. Ambizione non ne aveva mai avuta, neppure quella di diventare la prima signora di Roma: le era capitato e l’aveva accettato come un destino, perché era la moglie di Cesare, e per questo era disposta a seguirlo ovunque, persino su un trono. Ora che Cesare non c’è più, lei sparisce, si ritira, perché non amava né Roma, né il potere, solo il marito.

Deve essere stato per questo che Cesare se l’era tenuta vicina in tutti quegli anni: perché fra i tanti e le tante che aveva incrociato nella sua vita e gli erano stati accanto, e però da lui avevano poi preteso favori, e privilegi, e potere, Calpurnia era stata l’unica che lo aveva amato come un uomo. E basta.

Ecco il link:
http://ilnuovomondodigalatea.wordpress.com/2012/12/06/grandi-donne-del-mondo-antico-calpurnia-la-moglie-perfetta/

venerdì 3 gennaio 2014

"Otto paia di calze invece di uno" di Annalena Benini

Entrare nei negozi senza preparazione, senza scudo e senza fiducia in se stessi è molto pericoloso. Entrare con aria svagata e vulnerabile, pensando solo: mi serve una crema, oppure un paio di calze, o una scatola di pennarelli, è una leggerezza grave, portatrice di effetti a lungo termine (mucchi di calzini verdi da smaltire, giraffe impagliate, fiale contro la caduta dei capelli) e danni irreversibili all’autostima. In molti negozi il personale è preparatissimo: non mastica chewing gum alla cassa, non racconta per mezz’ora al telefono i problemi con la suocera (non appartiene insomma a quella versione paradisiaca di commesse che lasciano gironzolare i clienti e alzano gli occhi al cielo alla domanda: ce l’ha anche in nero?). Il personale di ultima generazione si avvicina al possibile compratore con l’apparente scopo di aiutarlo a scegliere. Il reale intento, però, è la privazione di ogni capacità di giudizio: il cliente deve perdere il libero arbitrio e diventare debole, dipendente dalla volontà della commessa. “Signora, che cosa sono quei segni scuri sotto gli occhi? Non conosce questo copriocchiaie?”. La frase viene pronunciata da una distanza molto ravvicinata, mentre gli occhi (sempre enormi) del personale addestratissimo, allenato in corsi di psicologia e di ipnosi, scrutano ogni centimetro della nostra faccia. “Io veramente cercavo un dentifricio”. Ma la guerra è dichiarata: la commessa, con la sola forza dello sguardo, ha comunicato l’esatta portata del disastro estetico che ci riguarda, è pronta a voltarci le spalle perché siamo un caso penoso e lei non ha tempo da perdere, ma esclusivamente per generosità e amore per il genere umano sembra disposta a offrirci un riparo, a farci balenare la possibilità di una soluzione.

In pochi minuti siamo noi a implorare consigli, creme, fondotinta, effetti lifting, illuminanti, correttori, fard, vitamine, e anche un bagnoschiuma alla fragola, poiché abbiamo perso totalmente il controllo. Le raccontiamo anche i problemi al lavoro. Ma lei sorride, adesso, e dice che abbiamo delle belle ciglia, basta solo valorizzarle con quattro prodotti in offerta speciale. E se, entrate nel negozio accanto per un paio di calze, ancora stordite, la commessa volitiva spiega che con cinque paia il sesto è a metà prezzo ma a noi non servono sei paia di calze e proviamo a rifutare, la faccia della commessa è talmente stupita e delusa, ma non delusa per sé, delusa per noi e per la nostra incapacità di risparmiare (“guardi che così spende di più”) che compriamo sei paia di calze, sei paia di mutande e sei paia di pantaloni del pigiama a quadretti, solo per sentirci dire: così si fa, ottima scelta.

Nemmeno nei negozi di giocattoli si è al sicuro: i commessi di nuova generazione fanno dimostrazioni meravigliose, con due pennarelli magici disegnano l’universo intero, spiegano che con quei due pennarelli non serve nessun altro colore, non si scaricano mai, sono garantiti sei anni; comprandone otto c’è anche una gomma magica in omaggio, il sogno di tutti i bambini. Ma a casa i pennarelli perdono la magia, tornano a essere zucche, e i bambini piangono, invocano i commessi, urlano: tu non sei capace. Se non si è abbastanza forti e temprati, quindi, è meglio scegliere gli acquisti online e sbagliare taglia, colore e modello in perfetta solitudine.

di Annalena Benini, da il Foglio.it 19/12/2013

"Primo, recuperare la verità del matrimonio" di Giorgio carbone

«È un contratto»: è questa la risposta più frequente quando domando a gruppi di persone di età eterogenea, già sposate o solo fidanzate, cos’è il matrimonio. Poi, chiedo anche qual è il fine, la meta ultima del matrimonio. E le risposte più frequenti sono: «L’amore, la famiglia, i figli». Raramente qualcuno risponde: «La santità dei coniugi», che è la risposta giusta. Non sono in grado di dire la rilevanza statistica di queste risposte all’interno di un gruppo vasto di popolazione. Però per la nostra analisi per ora è sufficiente sapere che è diffusissimo il convincimento che il matrimonio sia un contratto che ha come meta l’amore e/o i figli. E ne sono convinti un po’ tutti, credenti e non credenti, giovani sposi e anziani, fidanzati o singol.
Questa convinzione dimostra almeno un fatto: a livello comune si sono smarrite due verità circa il matrimonio.
La prima verità dimenticata è che il matrimonio, più che un contratto, è un sacramento. Il contratto dal punto di vista formale è un accordo tra due o più parti che ha per oggetto beni di carattere patrimoniale. Ma il matrimonio è un’altra cosa, è sacramento, cioè una res sacra, un’alleanza tra una donna e un uomo, che trova in Dio la sua origine, la sua consistenza e il suo termine. Perché è Dio Amore che chiama gli sposi all’amore reciproco: il matrimonio non è un incontro fortuito, ma è una chiamata divina, una vocazione il cui attore è Dio. Gesù lo chiama: Ciò che Dio ha congiunto (Marco 10,9).

In secondo luogo, Dio facendo sperimentare la sua misericordia, la sua tenerezza, la sua pazienza al coniuge, chiama questo coniuge a comunicare all’altro la stessa misericordia, tenerezza e pazienza ricevute: questo significa essere ministri di Cristo nel sacramento del matrimonio. I coniugi vivendo insieme e amandosi si scambiano le cose ricevute da Cristo: realizzano così una comunione divina e non soltanto umana, comunione umano-divina che è simile a quella tra Cristo e la Chiesa, comunità dei credenti come dice Efesini 5,25-32: "Voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei [...]". Questo è un grande mistero: lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa.

In terzo luogo, Dio è il termine, cioè il fine del matrimonio, perché il giorno delle nozze il coniuge accoglie la persona dell’altro coniuge in vista di Cristo, cioè per condurlo a Cristo, per camminare insieme verso il Signore: è una vocazione comune alla santità. Ed è questa anche la seconda verità dimenticata del matrimonio: la santità, cioè il desiderio di conversione a Cristo e di conformarsi a lui in tutto nella mentalità e nei gesti concreti[...]
[...] Inoltre, la diffusione acritica dell’opinione secondo la quale il matrimonio sia un contratto e il non considerare che la sua meta è la santità dovrebbero farci prendere atto che spesso i matrimoni che vediamo celebrati in chiesa in realtà non sono sacramenti, cioè sono matrimoni nulli. Gli sposi, pur dicendo sì con le labbra, in realtà non credono al matrimonio come lo crede Cristo e la sua Chiesa. Gli sposi hanno una concezione mondana del matrimonio, è un contratto, e come tutti i contratti è nella totale disponibilità delle parti, le parti possono rescindere il contratto quando vogliono. Quando invece, essendo un sacramento, è una realtà che è di Cristo, ha un’origine, una consistenza e un fine divini [...]

[...] La Chiesa, come comunità di credenti, ha la vocazione di essere sposa di Cristo, evidentemente fedele e non fedifraga.

Quindi, è chiamata ad annunciare sempre la verità del matrimonio sacramento indissolubile perché questo è l’insegnamento di Cristo suo sposo: basti leggere Marco 10,5-9; Matteo 19,4-9; Luca 16,18. Tutti noi credenti se vogliamo vivere la virtù teologale della fede avvertiamo l’esigenza di obbedire e di uniformare la nostra mentalità all’insegnamento di Cristo Signore. Allo stesso tempo non possiamo amare rinunciando alla verità e né possiamo conoscere la verità senza amare: la conoscenza del vero e l’amore del bene sono moti strutturali e identificativi dell’essere umano. In ragione del vero e dell’amore non possiamo generare illusioni in nessuno, e quindi neanche far pensare che la prassi della Chiesa circa l’indissolubilità del matrimonio sia prossima al cambiamento, oppure che dopo il Sinodo dei vescovi dell’ottobre 2014 le persone divorziate e passate a nozze civili saranno assolte e ammesse alla comunione eucaristica. Se le persone divorziate e risposate civilmente fossero ammesse alla comunione eucaristica, la comunità dei credenti rinuncerebbe a essere fedele a Cristo che insegna l’indissolubilità del sacramento del matrimonio.
A mo’ di conclusione riassumo dei possibili rimedi pratici.
1) Preparare i fidanzati al matrimonio in modo più serio e completo, facendo conoscere che il matrimonio è una cosa di Cristo, e non una cosa degli sposi, è una vocazione divina alla santità;
2) Considerare che tutti i sacramenti sono un dono che la Chiesa riceve da Cristo, e non sono un diritto da rivendicare, così anche la comunione eucaristica;
3) Rendere più snelli e veloci i processi canonici relativi all’ accertamento della nullità del sacramento del matrimonio;
4) Demolire l’opinione diffusa secondo la quale i divorziati risposati sarebbero scomunicati. E piuttosto accogliere questi credenti e far conoscere loro che, anche se vivono in una condizione oggettivamente disordinata che è il convivere con una persona che non è il proprio coniuge, possono e anzi devono vivere la fede, la speranza, la carità, partecipare alla Messa, pregare insieme e singolarmente, vivere la penitenza e il desiderio di conversione e che il dolore e l’amarezza di non poter ricevere l’eucaristia hanno un valore salvifico che può condurle alla sincera conversione del cuore a Cristo Signore.

La Nuova Bussola Quotidiana, del 19/12/2013.
Per leggere l’articolo http://www.lanuovabq.it/it/articoli-primo-recuperarela-veritadel-matrimonio-8009.htm