giovedì 16 gennaio 2014

Calpurnia, la moglie di Giulio Cesare

Ho conosciuto on line una giovane blogger come me, è veneta e si chiama Galatea. Entrando nel suo diario, ho trovato l'articolo: "Grandi donne del mondo antico, Calpurnia, la moglie perfetta". Mi è piaciuto molto. Ve lo consiglio:

Diciotto anni. Tanti ne aveva Calpurnia, figlia del potentissimo Calpurnio Pisone, quando il padre si accordò per darla in moglie a Giulio Cesare. Che aveva l’età per esserle agevolmente padre, dato che aveva superato la quarantina. Politico di razza, uomo affascinante, Cesare era famoso per le sue avventure galanti e scapricciate, in gioventù sia con uomini che con donne, tanto che, inviato in Bitinia come legato, si favoleggiava avesse intessuto una torbida relazione con il re Nicomede. Tornato a Roma, prima ancora che la politica, la sua prima passione era stata il gentil sesso, tanto che poche, fra le matrone dell’Urbe, non erano passate per il suo letto, o lui per il loro.

Con le donne però, Cesare ha uno strano rapporto, non da banale libertino: se ne innamora. Oltre a portarsele a letto, se e quando suscitano in lui un interesse non soltanto sessuale, intesse relazioni di lunga durata, che sfidano gli anni. Può tradirle con il corpo, ma raramente le tradisce con l’animo: se Cesare ama, in qualche modo è per sempre.

Lo sapeva la prima moglie Cornelia, figlia di Cornelio Cinna. Si erano sposati neanche diciottenni, quando lui aveva l’età di Calpurnia, insomma. Era stato in accordo fra le famiglie a portarli all’altare. Eppure, una volta conosciuta la moglie, Cesare si era affezionato a lei, l’aveva amata. Tanto che quando il dittatore Silla, salito al potere, gli aveva ordinato di ripudiarla in quanto figlia di un sostenitore di Caio Mario, Cesare, poco più che diciassettenne, aveva risposto un no deciso. E alla minaccia di finire sulle liste di proscrizione e rimetterci la testa non aveva indietreggiato, né si era rimangiato la parola: con la moglie si era rifugiato nei mondi di Sabina, come un fuggiasco, cambiando alloggio ogni notte, vagando di fienile in fienile con l’appoggio di compiacenti contadini, finché Silla, un po’ scocciato che un adolescente gli tenesse testa, gli aveva concesso il perdono e la possibilità di non divorziare.

Ecco, era così Giulio Cesare: leale. Perdonava i nemici, quindi non era in grado di far del male a chi lo amava.

Quello con Calpurnia non è un matrimonio d’amore, non da parte di Giulio Cesare, almeno. L’appoggio del nuovo suocero, Pisone, uno dei sentaori più potenti dell’Urbe, gli è necessario, in questo momento di svolta in cui le frizioni con l’ex sodale Pompeo Magno si fanno via via più aspre, ed è chiaro che prima o poi si arriverà alla rottura. Anche Calpurnia da quelle nozze si aspetta assai poco. A chiarirle quando può essere preso di lei il nuovo marito, è un pettegolezzo succoso sparsosi per Roma proprio nei giorni dello sposalizio: Cesare, il suo Cesare, ha inviato in dono alla sua ex amante Servilia un gioiello di incredibile valore. Perché non se l’è sposata, visto che è tanto legato a lei, e lei è libera? Perché Servilia è sua amante da anni, ma non ha più l’età per donargli un figlio maschio, un erede. E Cesare un erede lo vuole, perché è l’unica cosa che gli manca. Ha avuto una figlia, Giulia, amatissima, sposa di Pompeo e destinata per altro ad una morte precoce. Servilia, quarantenne, non può certo garantirgli una prole. Calpurnia, giovane e bella, sì.

Va dunque sposa a Cesare, Calpurnia, consapevole che il suo ruolo è quello: diventare la madre dei figli del marito. Da brava fanciulla romana, per questo è stata allevata, e conosce il suo dovere. Ha un carattere dolce, remissivo, adattissimo ad essere la moglie e la madre perfetta. La moglie perfetta lo sarà, ma madre no, mai. Ad onta della giovane età e dell’impegno che certo profuse, non restò mai incinta.

Non sappiamo quante lacrime pianse, per quello che dovette sentire come un fallimento personale. Cesare che diventava via via più potente, e quindi sempre più bisognoso di quel maschio figlio legittimo cui lasciare un domani il potere: e lei niente, sterile. La immaginiamo vagare nei templi, pregare ogni dea, affidarsi ad indovine e mammane per piegare il destino, alzarsi ogni giorno chiedendosi se sarebbe stato quello in cui sarebbe stata ufficialmente ripudiata da un marito ormai stanco.

E invece no. Per quanto il bisogno non tanto di un figlio ma di un erede diventasse ormai quasi una priorità, Giulio Cesare non divorziò mai da Calpurnia. La tradì in continuazione, con aristocratiche, schiave, regine. Ma di abbandonarla non se la sentì. Forse gli piaceva quel suo modo quieto di essere moglie, quel suo rimanere nell’ombra, non dare scandalo, non fare mai una scenata. Di lei in effetti non sappiamo niente, non c’è un pettegolezzo che la riguardi, un fiato. In una Roma in cui le matrone collezionavano amanti non appena i mariti partivano per qualche missione (e Cesare lo sapeva bene, perché aveva spesso e volentieri approfittato di quelle assenze) lei niente, non una sbavatura, un sospetto, un cedimento. La deridevano forse come noiosa, ma Cesare, gran conoscitore dell’animo umano, aveva ben compreso che invece era un’altra cosa: fedele. Una dote rara, e forse per questo scelse di tenersela ben accanto.

Soffrì, Calpurnia, parecchio. Non solo per Servilia, ma soprattuto per Cleopatra. Se per le altre amanti di Cesare fu solo la rabbia di moglie tradita, quello per la regina d’Egitto fu odio vero, per quanto silenzioso. Aveva tutto, quella sguardrina, per affascinare Giulio Cesare: soprattutto una mente come la sua, quella di un politico di razza. Era bella, giovane, colta, affascinante, intelligente, spregiudicata. E per di più, e questo per Calpurnia era la sofferenza maggiore, aveva dato a Cesare ciò che lei non era mai riuscita a donargli: un figlio, Cesarione.

Pianse. Dei, come pianse, quando glielo dissero. Si aspettava che, da un momento all’altro, arrivasse un messo con la lettera di ripudio, in favore della puttana egiziana. Ma la lettera non arrivò mai. Arrivò invece Giulio Cesare, il marito, a Roma, reduce vittorioso di mille battaglie e di mille avventure. Si presentò a casa come se se ne fosse uscito la sera prima.

Chiese, Calpurnia? Forse no. Sapeva tutto, ovviamente, come sapevano tutto tutti a Roma. Ma forse le bastò vederlo tornare. Non fiatò neppure quando l’anno dopo fu la regina d’Egitto a venire a Roma, prendendo una villa in affitto, e piazzandosi là, con il figlio bastardo e la sua corte sfarzosa.
La andava a trovare di nascosto, Giulio Cesare? Può essere, ma sempre in sordina, e Cleopatra ne era ben infastidita, perché non si aspettava di essere trattata con la freddezza di una amante clandestina. Ma Cesare era un Romano, e se anche ad Alessandria poteva essere stato il suo compagno, a Roma era Cesare, cioè un uomo che era quasi sul punto di farsi proclamare re. Ma forse non era solo un mero calcolo politico, quello che spingeva Cesare alla prudenza, ma una delicatezza verso di lei, Calpurnia, che forse non gli aveva dato figli, ma lo amava e lo sapeva aspettare, ed era la sua moglie romana, non una regina delle sabbie.

Fatto sta che Cesare non riconobbe mai il suo unico figlio maschio, e mai abbandonò Calpurnia. Rimase con lei, nella loro bella casa, da cui uscì la mattina delle Idi di Marzo, per recarsi in Senato.

Fosse stato per Calpurnia, non ci avrebbe messo piede. Quella mattina, unica volta nella vita in cui lei tentò di imporsi al marito, le inventò tutte per tenerlo con sé. Aveva una brutta sensazione, poi uno dei suoi indovini – quelli che continuava a consultare nella speranza di rimanere incinta – le aveva detto che la giornata era astrologicamente infausta per Cesare.

Pianse. Strillò. Si inventò un malore. Giulio Cesare quasi rimase stupito dell’improvvisa tigna di quella donna di solito tanto remissiva, che mai chiedeva nulla per sé. Era quasi tentato di darle ascolto. Non ci fosse stato Decimo Bruto, uno dei suoi luogotenenti, che venne in casa a chiamarlo, e lo prese in giro perché il grande Cesare non poteva farsi bloccare dalle paturnie di una donnetta, le avrebbe dato tretta, e la storia di Roma forse sarebbe cambiata.

Scelse invece di seguire Decimo, pur se di malavoglia, perché lo reputava amico e commilitone fedele. Scelse male, poiché Decimo, che lui aveva innalzato ai massimi gradi dell’esercito, era invece uno dei congiurati. Lo consegnò agli altri, infatti, alle porte del Senato: così morì trafitto; Cesare, dalle coltellate di ventitrè uomini che si era tirato su come collaboratori ed amici. Se in punto di morte gli scappò solo un tu quoque fu perché era un gran signore.

Dalla sua morte in poi, di Calpurnia si perdono le tracce. Non ne sappiamo più nulla. Non ci è noto come reagì, quante lacrime pianse, se si disperò. Non sono note sue apparizioni pubbliche, uscite, dichiarazioni. Forse anche questo però la dice lunga sul suo carattere schivo. Altre vedove avrebbero tentato di approfittare del loro ruolo per ritagliarsi un qualche spazio in politica, vuoi come custodi della memoria, vuoi come nuove mogli di ambiziosi mariti pronti a cogliere l’eredità del defunto Giulio. Lei no, scompare. Ambizione non ne aveva mai avuta, neppure quella di diventare la prima signora di Roma: le era capitato e l’aveva accettato come un destino, perché era la moglie di Cesare, e per questo era disposta a seguirlo ovunque, persino su un trono. Ora che Cesare non c’è più, lei sparisce, si ritira, perché non amava né Roma, né il potere, solo il marito.

Deve essere stato per questo che Cesare se l’era tenuta vicina in tutti quegli anni: perché fra i tanti e le tante che aveva incrociato nella sua vita e gli erano stati accanto, e però da lui avevano poi preteso favori, e privilegi, e potere, Calpurnia era stata l’unica che lo aveva amato come un uomo. E basta.

Ecco il link:
http://ilnuovomondodigalatea.wordpress.com/2012/12/06/grandi-donne-del-mondo-antico-calpurnia-la-moglie-perfetta/

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